Intervista con un ricercatore nel campo del diabete di tipo 1 – Raniero Chimienti

La natura della ricerca scientifica – lunghe ore in un laboratorio e al computer in un centro di ricerca o università, con solo i lavori completi e pubblicati che alla fine si fanno strada verso il pubblico – significa che la scienza spesso opera a porte chiuse. Ho iniziato ad intervistare gli scienziati per aiutare a portare i loro pensieri e metodi più alla vista del pubblico.

Il diabete è una delle principali cause di sintomi gravi e morte prematura, con il numero di malati in tutto il mondo che aumenta di quasi quattro volte tra il 1980 e il 2014 [1]. Ho parlato con un ricercatore di un istituto specializzato nella ricerca sul diabete per scoprire di più sulla sua vita e sul suo lavoro.

Raniero Chimienti

Chi sei?

Mi chiamo Raniero Chimienti ed ho conseguito il dottorato di ricerca in biotecnologie mediche e medicina traslazionale presso l’Università degli Studi di Milano nel 2017. Attualmente sono un ricercatore presso il Diabetes Research Institute (DRI) dell’ospedale San Raffaele di Milano [2], dove sono coinvolto nello sviluppo di terapie cellulari innovative contro il diabete di tipo 1.

Puoi riassumere quello che fai per vivere senza sembrare uno scienziato pazzo?

Come puoi immaginare, i miei sforzi sono orientati verso la realizzazione di uno strumento che possa trasformarsi in una cura per il diabete. Tuttavia, col mio lavoro faccio principalmente uso di cellule staminali umane ed applico tecniche di manipolazione genetica, per cui è difficile non dare l’impressione di essere una sorta di “scienziato pazzo”. Il diabete mellito, comunemente noto come diabete, è una malattia metabolica caratterizzata principalmente da un aumento incontrollato dei livelli di zucchero nel sangue, a causa della progressiva distruzione di cellule pancreatiche, note col nome di beta cellule, che sono deputate alla produzione e secrezione dell’insulina. Il mio progetto di ricerca propone la trasformazione di cellule staminali umane in beta cellule, in grado di rilevare la presenza di zucchero e di secernere insulina per controllarne i livelli ematici. Inoltre, io e i miei colleghi interveniamo ad un livello più profondo, quello del DNA, modificando il profilo genetico di queste cellule, allo scopo di renderle sicure per il paziente e garantirne la sopravvivenza a lungo termine dopo il trapianto.

Qual è il malinteso profano più comune riguardo il tuo campo?

Ci sono molti falsi miti e idee sbagliate sul diabete. Soprattutto, le persone confondono il diabete di tipo 1 e di tipo 2. Comunemente, la gente pensa che il diabete sia correlato solo con l’aumento di peso o l’obesità, ma questo è più il caso del diabete di tipo 2. Al contrario, il diabete di tipo 1 è una malattia ad esordio precoce, in cui il nostro sistema immunitario attacca le cellule pancreatiche deputate alla produzione di insulina. Come conseguenza, abbiamo la perdita progressiva di queste cellule, al punto che il soggetto affetto da diabete di tipo 1 non è più in grado di secernere insulina e, pertanto, di controllare il livello di zuccheri nel sangue, indipendentemente dalle proprie abitudini alimentari. Alla base di questo genere di fraintendimenti vi sono tutti quei commenti che spesso ci capita di ascoltare nei confronti dei bambini diabetici, come, ad esempio, “passerà con l’età”, “gli hanno dato troppo zucchero?” o, ben più grave, “deve assolutamente ridurre l’assunzione di zucchero!”

In che modo la pandemia ha influenzato il tuo campo?

A causa della pandemia da SARS-CoV-2, numerosi ambulatori e dipartimenti dell’area clinica e degli istituti di ricerca sono stati riorganizzati.  Medici e ricercatori del DRI hanno dovuto destinare parte dei loro sforzi e delle risorse interne alla gestione dell’emergenza. Nonostante questo, la ricerca sul diabete non si è mai del tutto fermata e malgrado non si possano negare le numerose difficoltà legate alla particolarità della situazione, i nostri esperimenti sono andati avanti.

Descrivi la tua settimana lavorativa corrente in cinque parole chiave.

Pianificazione, lavoro di squadra, impegno, intuizione, apprensione.

Qual è la parte più gratificante del tuo lavoro?

Eseguire esperimenti tecnicamente corretti e confermarne statisticamente i risultati, anche laddove non dovessero coincidere con quanto ti aspettavi o che avevi precedentemente teorizzato.

Cosa fai per rilassarti?

Quando, a fine giornata, tornato a casa dal laboratorio, ritrovo i miei attimi di intimità, come preparare una cena con la mia fidanzata. Amiamo molto sperimentare, anche in cucina.

Qual è la domanda nell’universo a cui ti piacerebbe rispondere?

Oscar Wilde ha scritto: “Siamo tutti nati nel fango, ma alcuni di noi guardano alle stelle”. La mia domanda riguarda un mistero che a lungo è stato uno dei grandi temi della filosofia passata e contemporanea, e che oggi regala più di una notte insonne a scienziati e neuro-ingegneri: “Che cos’è la coscienza [3] e dove dobbiamo andare a scavare per riuscire a trovarla?”

San Raffaele - Milan
San Raffaele Hospital - Milan

References:

  1. https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/diabetes
  2. https://research.hsr.it/en/institutes/diabetes-research-institute.html
  3. https://www.youtube.com/watch?v=MASBIB7zPo4

Interview previously published in In Trieste magazine: www.intrieste.com/2020/06/23/interview-with-a-diabetes-researcher/